I
l dispositivo per la Ripresa e Resilienza – Recovery and Resilience Facility (RRF)- istituito con regolamento UE 2021/241, e definito per rendere i paesi europei più sostenibili, resilienti e pronti ad accogliere sfide e opportunità definite nel perimetro di regolazione del dispositivo stesso, rappresenta la principale componente del programma europeo Next Generation EU (NGEU). Con il programma viene stanziato un pacchetto da 750 miliardi di euro, concordato dall’Unione europea, e costituito – vale la pena di sottolinearlo – per circa il cinquanta per cento da sovvenzioni, allo scopo di mitigare l’impatto economico e sociale della pandemia da Covid-19.
Si può quindi affermare, ed è fondamentale rammentarlo quando si ragiona sulla sua portata, che il dispositivo nasce durante un momento di eccezionale unicità e che, a sua volta, ha richiesto reazioni di carattere straordinario.
Questo strumento consente alla Commissione europea di raccogliere fondi per sostenere gli Stati membri nell’attuazione di riforme e investimenti in linea con le priorità dell’UE. I paesi coinvolti devono affrontare le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche – ad hoc definite- nell’ambito del semestre europeo di coordinamento delle politiche economiche e sociali. A tal fine, il dispositivo mette a disposizione 672,5 miliardi di euro (312,5 sovvenzioni, i restanti 360 miliardi prestiti a tassi agevolati) da destinare al finanziamento di progetti di riforma e di investimento da realizzare entro il mese di dicembre 2026.
Gli stati membri, per usufruire del sostegno di questo dispositivo, sono tenuti a presentare alla Commissione europea un Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (Pnrr), recante la definizione di un programma di riforme e di investimenti da ammettere a finanziamento.
L’attuazione dello strumento è coordinata dalla Recovery and Resilience Task Force, istituita nell’ambito del Segretariato generale della Commissione europea, che opera in sinergia con la direzione generale degli Affari economici e finanziari della Commissione.
Gli Stati membri, inoltre, devono riferire in merito allo stato di attuazione dei rispettivi Piani due volte l’anno nel quadro del Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche e sociali dell’Unione, mentre la Commissione europea riferisce periodicamente al Parlamento europeo e al Consiglio in merito allo stato di attuazione.
Lo strumento è entrato nella fase di attuazione, procedendo secondo il calendario delle riforme e degli investimenti fissato dagli Stati membri. I progressi nell’attuazione dei piani possono essere seguiti in tempo reale sulla piattaforma “Recovery and Resilience Scoreboard”, istituita dalla Commissione nel dicembre 2021[1].
Le misure previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per la cui attivazione si rende necessario l’impegno della rete delle istituzioni pubbliche, ai diversi livelli di governo, ha determinato la necessità di una definizione delle infrastrutture istituzionali dedicate al governo del Pnrr come elemento fondamentale.
In Italia, tali infrastrutture sono state delineate con una complessa architettura istituzionale a partire dal disegno di tre macroaree di governo e di responsabilità: indirizzo, monitoraggio e rendicontazione, auditing.
Per quanto concerne l’area connessa alle responsabilità di indirizzo, questa è assegnata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in cui sono istituite: cabina di regia, tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, segreteria tecnica e, in ultimo, unità per la razionalizzazione e il miglioramento dell’efficacia della regolazione.
La cabina di regia esercita poteri di indirizzo, impulso e coordinamento generale sull’ attuazione degli interventi del Pnrr. Presieduta dal Presidente del Consiglio, partecipano alle relative sedute, i Ministri e i Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in ragione delle tematiche affrontate, i Presidenti di Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano quando sono esaminate questioni di competenza regionale o locale, nonché il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, su questioni d’interesse di più Regioni o Province autonome. La Cabina di Regia assicura relazioni periodiche al Parlamento e alla Conferenza Unificata e aggiorna periodicamente il Consiglio dei Ministri.
Il tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale assorbe funzioni consultive nelle materie connesse all’attuazione del Pnrr e, laddove necessario, può segnalare alla cabina di regia ogni ambito ritenuto rilevante ai fini dell’attuazione del Pnrr, qualora si verifichino circostanze ostative oltreché agevolare l’efficace e celere attuazione degli interventi. Il tavolo è composto da rappresentanti delle parti sociali, del Governo, delle Regioni, delle Province autonome, degli Enti locali, di Roma Capitale, del sistema dell’università e della ricerca, delle categorie produttive e sociali, delle organizzazioni della cittadinanza attiva e di tutta la società civile.
Un ulteriore attore istituzionale è contemplato nella segreteria tecnica che ha il ruolo di supportare le attività della cabina di regia. La sua durata si protrae fino al completamento del Pnrr e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2026. Essa agisce in raccordo con il Dipartimento per il coordinamento amministrativo, il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica e l’Ufficio per il programma di governo[2].
Infine, fa parte di questa prima area definita della “responsabilità d’indirizzo” l’unità per la razionalizzazione e il miglioramento dell’efficacia della regolazione. Si tratta di una struttura di missione istituita nell’ambito del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio con l’obiettivo di superare gli ostacoli normativi, regolamentari e burocratici all’attuazione delle riforme e degli investimenti previsti dal Pnrr secondo le sue finalità.
Per quanto concerne l’area di responsabilità del monitoraggio e della rendicontazione, essa trova sede istituzionale presso il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato -, dove è istituito il servizio centrale per il Pnrr, ufficio dirigenziale di livello generale, cui competono funzioni di coordinamento operativo, monitoraggio, rendicontazione e controllo del Pnrr.
L’ufficio rappresenta il “punto di contatto” nazionale con la Commissione europea per l’attuazione del Pnrr ed è responsabile della gestione del fondo di rotazione del Next Generation EU – Italia e dei connessi flussi finanziari, nonché della gestione del sistema di monitoraggio sul processo di attuazione delle riforme e degli investimenti del Pnrr, assicurando il necessario supporto alle Amministrazioni centrali titolari degli interventi previsti dal Pnrr.
Sempre in tema di integrazione istituzionale, l’ufficio si raccorda con l’unità di missione istituita presso il Dipartimento della Ragioneria generale con compiti di coordinamento, e sostegno delle strutture del dipartimento stesso coinvolte nel processo di attuazione del programma Next Generation EU.
Infine, la terza area di responsabilità – l’auditing- è collocata sempre presso il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, dove trova sede un ufficio con funzioni di audit del Pnrr, operante in posizione di indipendenza funzionale rispetto alle strutture coinvolte nell’attuazione del Pnrr.
Un ulteriore attore, previsto nella cornice istituzionale, è la Corte dei conti che esercita il controllo sulla gestione, svolgendo valutazioni circa l’acquisizione e l’impiego delle risorse finanziarie provenienti dai fondi del Pnrr e che riferisce, almeno semestralmente, al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr.
La cornice istituzionale del sistema di governance del Pnrr, appena illustrato, mantiene vivi sistemi di relazione con alcuni altri organi. Una prima prospettiva è quella del rapporto con il nucleo per l’Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, che opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e che si occupa dell’elaborazione dell’AIR dei provvedimenti. È importante sottolineare che all’AIR sono conferiti alcuni compiti specifici: intercettare eventuali ostacoli all’attuazione del Pnrr derivanti da disposizioni normative e dalle coerenti misure attuative e proporre rimedi, coordinare eventuali opzioni innovative per superare criticità derivanti dalla normativa vigente e da misure attuative anche in virtù di iniziative di sperimentazione normativa.
Un’altra prospettiva che consente di interpretare la struttura di governance disegnata in Italia per il Pnrr è offerta dalla separazione formale tra il compito di razionalizzazione e miglioramento della regolazione e quello per la semplificazione amministrativa. Difatti, si statuisce una relazione biunivoca fra Ufficio per la semplificazione, all’interno del Dipartimento della funzione pubblica, e Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione, già operante presso il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza. Inoltre, si prevede una modalità di collaborazione fra questi due soggetti e la nuova Unità per la razionalizzazione della regolazione, ai fini di interventi normativi di semplificazione, da valutare congiuntamente.
Alla luce della ricognizione rappresentata, si può fin d’ora affermare che la struttura di governance dispone di un sistema di “salvaguardia” o meglio di valorizzazione di strumenti (unità istituzionali e processi) già esistenti che si affianca a un nuovo disegno istituzionale, ad hoc definito, e sotteso al Pnrr e che l’Italia sembra aver scelto di determinare un disegno di tipo “accentrato” bicefalo. Da un lato, si delinea il ruolo di attore delle policies della Presidenza del Consiglio, e delle sue articolazioni, dall’altro si delinea il ruolo del Ministero delle finanze quale soggetto deputato al controllo manageriale e alla definizione dei sistemi di relazione istituzionale – il servizio centrale per il Pnrr, con funzioni di coordinamento operativo, monitoraggio, rendicontazione e controllo-, nonché, e non meno importante, di valutazione di meccanismi di riallineamento rispetto ai perimetri definiti e accordati con l’EU.
Tuttavia, il disegno di tipo accentrato con cui si legge la struttura di governance viene “smentito”, ad una analisi più approfondita, se si pone attenzione sulla configurazione della composizione della cabina di regia[3] che ipotizza la possibilità della partecipazione di altri soggetti istituzionali quando necessario. Di fatto, si può definire la struttura della cabina di regia come quella di un organismo che assorbe sistemi di interazione con altre strutture istituzionali a seconda del tipo di politica che definisce. Appare una forma ibrida di governance multilivello e multistakeholder con vari livelli di definizione delle concertazioni a seconda dell’attore, o degli attori, coinvolti. Dove non si determinano linee gerarchiche tradizionali e dove, piuttosto, vengono definite linee di decisione con approccio di tipo “strategy maker” della Presidenza del Consiglio che “cattura” altri attori istituzionali con la finalità di creare meccanismi di interdipendenza istituzionale fra l’attore principale – la PdC – e le altre istituzioni pubbliche.
Simile riflessione può essere assunta per il tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale che, tuttavia, ha funzioni consultive e che ha una composizione aperta alla conformazione più ampia della società nel suo complesso[4] , come è opportuno che sia dato l’ampio spettro di interventi previsto dal Pnrr. Un disegno che, in questo caso, richiede una determinazione di regole di ingaggio che tengano conto delle competenze e delle conoscenze degli attori coinvolti così differenti per finalità e interessi del loro ruolo al tavolo.
Infine, assume un ruolo di player istituzionale la struttura tecnica che per collocazione, aree di raccordo interne e aree di attività[5] può essere considerata la unit operativa deputata all’enforcement delle scelte definite dalla cabina di regia e condivise, quando necessario, all’interno del tavolo permanente.
E data la complessità dell’articolazione statuita per la governance del Pnrr seppure, gli studi sul modello di governance per la gestione del Pnrr saranno certamente oggetto privilegiato di analisi e si può supporre che il disegno attuale sia suscettibile di modificazioni vista la portata – degli interventi sottesi-, fin d’ora si può affermare che la scelta fatta è stata quella di un network interno al livello di governo centrale, con collegamenti istituzionali espliciti -e doverosi- con l’EU, in cui ciò che guida i nodi del network sono gli interessi di intermediazione espliciti. Rimane comunque una corta linea di comando gerarchica, seppure il coordinamento fra le parti del network assuma rilievo per le deleghe definite, e descritte sopra.
A fronte di una grande progettualità -il Pnrr- che nasce a valle di un momento di profonda crisi, economica, sanitaria, sociale ma anche politica, si è costruita una traiettoria di cambiamento che tiene conto dello stato delle cose nel paese e dell’attuale perimetro regolatorio su cui innesta un modello di accelerazione del cambiamento: un sistema con un modello di articolazioni istituzionali preesistenti e di nuove articolazioni adhocratiche.
È questa la prima grande sfida del Pnrr: comprendere se sarà in grado di essere motore e accelerazione d’innovazione istituzionale consentendo la fertilizzazione di una cultura della flessibilità istituzionale oppure no.
Una specifica chiave di lettura del Pnrr da cui si può determinare il perimetro di riflessioni interpretative è offerta dal fatto che le linee prioritarie di intervento dello strumento sono accompagnate da una strategia di riforme per potenziare equità, efficienza e competitività del paese.
Le riforme sono considerate, a tutti gli effetti, parte integrante del Piano perché definite fondamentali per l’attuazione degli interventi. Sono previste tre tipologie di riforme[6] che coprono funzioni, tempi e obiettivi differenti, seppure integrati, e hanno l’obiettivo di accompagnare l’implementazione del Pnrr. Esse sono state conglobate in riforme: orizzontali, abilitanti e settoriali.
L’articolata riforma delle amministrazioni pubbliche (AA.PP.) prevista dal Pnrr, è inserita nell’alveo di quelle cosiddette riforme orizzontali in cui la variabile critica di successo è data dal considerare il ricambio generazionale nelle amministrazioni come la leva fondamentale del cambiamento. Inoltre, si aggiungono come temi fondamentali quello della delegificazione e della semplificazione, quello della reingegnerizzazione dei processi, della digitalizzazione, dello sviluppo di nuove competenze.
Pilastri fondamentali, così come per ogni riforma e ogni investimento pubblico contenuti nel Pnrr, sono tensione verso gli obiettivi della coesione sociale e della creazione di buona occupazione, la cui realizzazione dipenderà anche dalla partecipazione attiva dei dipendenti pubblici, ai vari livelli organizzativi responsabilizzati nelle AA.PP, anche attraverso il sistema delle relazioni sindacali, come indicato nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale.
Un ulteriore elemento che descrive la governance del Pnrr in Italia è offerto dalla configurazione delle cosiddette Unità di missione.
Difatti, la realizzazione degli interventi previsti è determinata da Amministrazioni centrali, Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano ed Enti locali, sulla base delle specifiche competenze, attraverso le proprie strutture o anche grazie all’intervento di soggetti attuatori esterni individuati nel Pnrr ovvero selezionati con le modalità previste dalla normativa nazionale ed europea vigente.
Per quanto concerne le amministrazioni centrali -titolari di interventi previsti dal Pnrr-le stesse provvedono al coordinamento delle relative attività di gestione, nonché al loro monitoraggio, rendicontazione e controllo e, grazie alla propria autonomia organizzativa, individuano, tra quelle esistenti, la struttura di livello dirigenziale generale di riferimento oppure istituiscono una specifica unità di missione di livello dirigenziale generale fino al completamento del Pnrr.
L’unità di missione è strutturata, di norma[7], con tre uffici dirigenziali, di livello non generale, e rappresenta il punto di contatto con il Servizio centrale per il Pnrr per attuare quanto previsto dal Regolamento (UE) 2021/241 e, in particolare, per la presentazione alla Commissione europea delle richieste di pagamento ai sensi del medesimo regolamento.
La struttura, inoltre:
provvede a trasmettere al Servizio centrale per il Pnrr i dati finanziari e di realizzazione fisica e procedurale degli investimenti e delle riforme, nonché l’avanzamento dell’attuazione dei relativi obiettivi intermedi e finali, attraverso le specifiche funzionalità del sistema informatico di cui all’articolo 1, comma 1043, della legge 30 dicembre 2020, n. 178;
vigila affinché siano adottati criteri di selezione delle azioni coerenti con le regole e gli obiettivi del Pnrr ed emana linee guida per assicurare la correttezza delle procedure di attuazione e rendicontazione, la regolarità della spesa ed il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali e di ogni altro adempimento previsto dalla normativa europea e nazionale applicabile;
svolge attività di supporto nella definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione di programmi e progetti cofinanziati ovvero finanziati da fondi nazionali, europei e internazionali, nonché attività di supporto all’attuazione di politiche pubbliche per lo sviluppo, anche in relazione alle esigenze di programmazione e attuazione del Pnrr;
vigila sulla regolarità delle procedure e delle spese e adotta tutte le iniziative necessarie a prevenire, correggere e sanzionare le irregolarità e gli indebiti utilizzi delle risorse;
adotta le iniziative necessarie a prevenire le frodi, i conflitti di interesse ed evitare il rischio di doppio finanziamento pubblico degli interventi, anche attraverso i protocolli d’intesa a tal fine eventualmente stipulati con la Guardia di Finanza;
è responsabile dell’avvio delle procedure di recupero e restituzione delle risorse indebitamente utilizzate, ovvero oggetto di frode o doppio finanziamento pubblico.
Con la istituzione delle unità di missione si inserisce una strutturazione che declina spazi specifici di autonomia, a livello di singolo ministero, istituzionale e manageriale mediata, tuttavia, dal network che fa capo alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’economia.
Gli studiosi, per primi, si devono interrogare su nuovi paradigmi che possano disegnare con coerenza il rafforzamento della capacità di riforma e di cambiamento oltre che di definizione di strumenti organizzativo-gestionali, a livello centrale e nelle istituzioni locali e periferiche, lungo i quattro assi su cui si articola il programma di riforme e di investimenti del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (Pnrr): accesso, per snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale; buona amministrazione, per semplificare norme e procedure; competenze, per allineare conoscenze e capacità organizzative alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di una amministrazione moderna; digitalizzazione, quale strumento trasversale per meglio realizzare queste riforme.
La intrinseca relazione fra la definizione degli assetti istituzionali necessari, la capacità di disegnare le riforme, la strumentazione per sviluppare la programmazione sono le categorie su cui far convergere le riflessioni sull’impatto che il Pnrr può avere sulla innovazione paradigmatica nel public management è quello della gestione del cambiamento e, in tale contesto, del ruolo del capitale umano.
È indubbio che è necessario concentrare l’attenzione su percorsi di valorizzazione del capitale umano quale leva strategica fondamentale di cambiamento su cui costruire un sentiero di innovazione e tale attenzione deve configurarsi come un investimento nel lungo periodo
Ancora una volta il governo del tempo è una variabile critica di successo nel cambiamento di cui lo strumento del Pnrr può essere volano. Poter disporre di professionalità, competenze, leadership coerenti alle sfide è una condizione necessaria per disegnare scenari adattabili ai contesti che possono richiedere realistici approcci “offensivi” o “difensivi” da rendere coerenti ai bisogni dei territori, delle comunità sociali, delle istituzioni pubbliche locali.
Le persone, i manager pubblici, capaci di reinventarsi e di interpretare le nuove importanti sfide sono gli snodi per creare la necessaria democratic accountability nella rete dei sistemi di governance ai differenti livelli istituzionali e nelle differenti aree di politica pubblica che nella matrice istituzionale del Pnrr trovano sede.
La complessità dell’agenda che si ha dinnanzi, frutto di un disegno politico fortemente motivato ad uscire dalla crisi innescata e accelerata dalla pandemia da Covid-19 esige una cultura collaborativa fra attori istituzionali che ponga al centro della riflessione la relazione, tutta paradigmatica nel public management, fra la collaborazione[8], anche a livello micro-organizzativo, e gli effetti che ne posso derivare a livello di sistema generale di modello di governance: è dal capitale umano che bisogna ripartire per cambiare e il Pnrr è una grande opportunità.
***
Come anticipato il primo focus tematico è dedicato alle riforme e alle risorse umane. Fin dal primo contributo, dedicato al “Piao come strumento di programmazione integrata per la creazione del Valore pubblico”, emergono alcune innovazioni proprie del processo di riforma (qualificata come “orizzontale”) della nostra PA attivato dal Next Generation EU con il Dispositivo di Ripresa e Resilienza. Gli Autori (Deidda Gagliardo & Saporito) qualificano come “riforma necessaria, propedeutica a tutto il resto e architrave dell’investimento nella capacità amministrativa degli Enti, la riqualificazione degli strumenti di pianificazione e monitoraggio, finalizzata non solo a ridurre la numerosità dei documenti previsti, ma anche e soprattutto a qualificarne l’utilizzo, dentro un quadro di pianificazione integrata e sistemica”. A tale scenario può iscriversi il Piano Integrato di Attività e di Organizzazione (Piao), di cui il paper ne individua i caratteri essenziali e il suo orientamento alla creazione di Valore Pubblico (nella prospettiva del benessere equo e dello sviluppo sostenibile), così come le condizioni di integrazione con performance e anticorruzione e con le politiche di organizzazione e risorse umane. Preme qui anticipare lo “stretto ancoraggio” dello strumento Piao con il Pnrr, nella logica del Valore Pubblico. Cioè, la capacità di misurare e monitorare gli impatti degli impegni assunti con Bruxelles, che rappresenta un’innovazione per il nostro sistema amministrativo “tutto centrato sul controllo della legittimità della spesa e sugli equilibri contabili”, può “viaggiare oggi sull’infrastruttura del Piao”. È, inoltre, interessante rimarcare, in quanto coerente con l’approccio proprio della Rivista, che il lavoro, muovendo da un’analisi della letteratura scientifica e dalla normativa di riferimento, adotta “una metodologia di action research”.
Anche il secondo articolo dello Special Focus, dal titolo “Capacity training. Formazione e capacità amministrativa delle PA nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, mette in luce la centralità, nell’ambito del Pnrr, della valorizzazione del capitale umano delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, lo sviluppo delle competenze, “occupandosi di chi c’è” e non soltanto reclutando nuovi profili altamente professionalizzati. Legando “la formazione del personale e lo sviluppo della capacità amministrativa, gli investimenti su istituzioni capaci di amministrare e organizzazione capaci di apprendere”, offre una utile “cornice di riferimento e di senso (…) un framework strategico per progettare e realizzare gli investimenti di upskilling e reskilling del capitale umano previsti dal Pnrr”. Nella lettura del contributo potrà apprezzarsi il “cambio di paradigma” introdotto, dal Pnrr, nella formazione e la riqualificazione del personale. Peraltro, sarà possibile registrare un collegamento tra questi due elaborati, laddove l’Autore (Angeletti) del secondo richiama il Piao come “occasione fondamentale per valorizzare la programmazione relativa alla formazione dei dipendenti, attribuendole una veste del tutto rinnovata, basata sul rafforzamento del legame logico e operativo con gli strumenti di gestione del personale e più in generale con il piano della performance”. Non meno rilevante, tra i vari profili esaminati (l’oggetto, gli attori e i beneficiari della formazione – a partire dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione e dall’esperienza del “Club dei Formatori”, già considerati nel precedente numero), è il “tempo”, variabile ricorrente nelle riflessioni di RIPM, da gestire per “evitare confusione tra l’urgente e l’importante”. In questo quadro, la creazione di capacità amministrativa è osservata (tenendo presente un’ulteriore variabile, la valutazione) come “indicatore ultimo dell’impatto della formazione”.
Questi due primi contributi, enfatizzando da angolature diverse il valore del Recovery Plan che impone la necessità di progettare, valutare e realizzare in tempi definiti, mettono in luce il tema della “governance” che è al centro del terzo e ultimo paper dello Special Focus, “Il Pnrr italiano: governance, management, capacità di spesa e riforma della PA”. Del resto, il programma Next Generation EU ha “generato un nuovo modello di governance europea, con nuovi strumenti di finanziamento, nuove regole di condizionalità e con la definizione di obiettivi per l’erogazione delle risorse”. Si tratta di un modello da implementare. Gli Autori (D’Arrigo & David) non si limitano ad illustrare il meccanismo di funzionamento, attuazione, gestione e monitoraggio del Pnrr scelto dal Governo italiano, richiamano le principali formule “promosse a livello di dibattito pubblico senza mai arrivare ad una reale formulazione in atti ufficiali”. Si riferiscono ai piani di ripresa e resilienza di Francia, Germania, Spagna, Portogallo e Grecia per rilevare la peculiarità della “governance larga” italiana. Nel contempo, soffermandosi sulla nostra debolezza storica in termini di capacità di spesa delle risorse europee, e ribadendo la necessità di una riforma della pubblica amministrazione, configurano il Pnrr come una “sfida collettiva (…) una missione nazionale da raggiungere”, al pari dell’adesione all’euro che ha rappresentato anch’essa un “cambio di fase” voluto. Ritengono che questo “esame diffuso”, che è il Pnrr, possa essere l’occasione di una riscoperta del “valore dell’amministrare” e dell’affermazione di una nuova visione del public management.
Nella sezione dialoghi della Rivista, il saggio “A comparative study of Covid-19: a purpeseful agent, a myopic political leader”, il primo di studiosi non italiani a significare la vocazione internazionale di RIPM, attraversa l’emergenza determinata dalla pandemia di Covid-19, che ha dato nuova concretezza al tema del rafforzamento, dello sviluppo e della valorizzazione del capitale umano delle pubbliche amministrazioni. Si pone in continuità, assumendo a riferimento le esperienze di gestione della crisi pandemica da parte delle autorità della Norvegia e del Regno Unito, con lo Special Focus del volume 3, n. 2, del 2020, “Gestione dell’emergenza, tra eccezionalità e continuità: modelli e strumenti di risk management”. Infatti, “This research is intended to advance Public Management thinking on how to manage crises, such as the pandemic (…) Specifically, this study identifies two dimensions of social agency; the one exercised by purposeful agents (responsive, agile actors) within government and the alternative of myopic agency which does not capture the crisis unfolding in the population and the public debate in its response of myopic behaviour. The tensions underlying myopic agency may escalate conflict and undermine public accountability”. Rinviando alla lettura dello studio, e quindi all’approfondimento dei due casi, una delle conclusioni cui perviene, ovvero “the smaller country outperformed its larger neighbour”, apre all’interrogativo “whether smaller countries are naturally more resilient in addressing crises because of faster lines of communication and shared understandings over strategies”. Degno di nota è anche il tributo che gli Autori (Ahlgren, Laspley & Nyland) hanno inteso rivolgere al “coraggio” e alla “professionalità” degli operatori sanitari di Bergamo e Milano.
Assumendo sempre i due ultimi anni di emergenza sanitaria come contesto di riferimento, l’articolo che chiude il volume si propone di contribuire alla riflessione su come la pandemia di Covid-19 ha impattato sulle organizzazioni pubbliche. Lo fa concentrandosi sullo smart working, tema già affrontato in numeri precedenti di RIPM, da un punto di vista originale, quello filosofico. Una delle principali argomentazioni, supportata anche dalle evidenze di alcune indagini, è che lo smart working emergenziale abbia “contribuito (…) a capovolgere il paradigma di genesi del propellente motivazionale del lavoratore, spostando il baricentro dall’organizzazione aziendale alla persona”; “introdotto una categoria nuova di sperimentazione massiva con larga autonomia di attuazione. Praticamente un mega test-bed sincronizzato mai visto nella pubblica amministrazione”. Ciò avrebbe non solo “portato ad avere maggiori e migliori dati per il monitoraggio”, ma avrebbe “contributo a cambiare la percezione stessa dell’innovazione proprio perché sperimentata in massa”. Per dare slancio a questa innovazione, la proposta dell’Autore (Iossa), che mette in guardia da posizioni che vedano lo smart working come “bandiera di efficienza e produttività” oppure come “icona di un nuovo welfare”, si può condensare in “quella figura laboratoriale archetipa che è la fucina dell’artigiano di un uomo libero di sperimentare, prima che la norma lo raggiunga con la sua necessità”. Si sostiene poi che la ricerca di tale equilibrio tra libertà e necessità possa conseguirsi tramite la metodologia del design-thinking.
I contributi di questo volume, con differenti punti di vista, e un’ampia gamma di approfondimenti che fondono approcci teorici e di tipo tecnico, confermano tutti il ritorno al centro del dibattito delle pubbliche amministrazioni, della necessità di un loro ammodernamento. In tal senso, l’attuazione del Pnrr, è la più importante sfida in Europa, che la Rivista accompagnerà continuando ad offrire, secondo la propria missione, una cornice di ricerca di studio innovativa, attenta alla proposizione di una pluralità di chiavi di lettura, di analisi e di modelli, con contribuzioni di autori di discipline scientifiche diverse.
[1] Recovery and Resilience Scoreboard (europa.eu)
[2] https://www.governo.it/it/approfondimento/segreteria-tecnica-il-pnrr/18144
[3] Si rammenta che essa è presieduta dal Presidente del Consiglio e alle relative sedute partecipano, in ragione delle tematiche affrontate, oltre ai Ministri e i Sottosegretari di Stato, i Presidenti di Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
[4] Si rammenta che il tavolo è composto da rappresentanti delle parti sociali, del Governo, delle Regioni, delle Province autonome, degli Enti locali, di Roma Capitale, del sistema dell’università e della ricerca, delle categorie produttive e sociali, delle organizzazioni della cittadinanza attiva e di tutta la società civile.
[5] In primo luogo, la Segreteria tecnica si occupa di: supportare la Cabina di regia e il Tavolo permanente nell’esercizio delle rispettive funzioni; elaborare periodici rapporti informativi alla Cabina di regia sulla base dell’analisi e degli esiti del monitoraggio sull’attuazione del Pnrr comunicati dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della ragioneria generale dello Stato; individuare e segnala al Presidente del Consiglio dei Ministri le azioni utili al superamento delle criticità segnalate dai Ministri competenti per materia; acquisire dal Servizio centrale per il Pnrr le informazioni e i dati di attuazione del Pnrr a livello di ciascun progetto, ivi compresi quelli relativi al rispetto dei tempi programmati e a eventuali criticità rilevate nella fase di attuazione degli interventi.
[6] Three types of reforms are envisaged: horizontal reforms, enabling reforms and sectoral reforms. The horizontal reforms are cross to all the Missions of the Plan, improving the equity, efficiency, competitiveness and economic climate of the country. The enabling reforms are actions to guarantee the implementation of the Plan and to improve competitiveness. The sectoral reforms accompany the investments of the individual Missions. They are regulatory innovations to introduce more efficient regulatory and procedural frameworks in their respective fields. Cfr. The reforms of the Nrrp – Italia Domani
[7] In alcuni dicasteri vi sono spazi di configurazione istituzionale differenti, cfr. Il modello adottato dal Ministero dell’istruzione. Oltre ai tre uffici standard ha allocato temporaneamente, fino al 31/12/2026, i due uffici che si occupavano di fondi comunitari.
[8] Sulla collaborative governance cfr. Triantafillou, Peter, e Magnus Paulsen Hansen. «Introduction to the PMR special issue on accountability and legitimacy under collaborative governance». Public Management Review 24, n. 5 (4 maggio 2022): 655–63. https://doi.org/10.1080/14719037.2021.2000744. Claire Dupuy & Samuel Defacqz (2022) Citizens and the legitimacy outcomes of collaborative governance An administrative burden perspective, Public Management Review, 24:5, 752-772, DOI: 10.1080/14719037.2021.2000254.