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l focus tematico di questo numero propone – a valle di un periodo che si ritiene consenta di valorizzare l’esperienza sul campo degli operatori e la capacità valutativa degli studiosi – una prima riflessione attorno al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) già avviata nel secondo numero del 2021. La sfida di RIPM è quella di indirizzare, in questo numero, gli studiosi ad esplorare l’attuazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza italiano e degli altri Stati membri, con particolare riguardo ai sistemi di coordinamento, gestione, attuazione, monitoraggio e controllo. Inoltre, si intende indagare sulle tecnicalità modellizzabili in relazione al raggiungimento dei traguardi qualitativi (milestone) e quantitativi (target) concordati, ex ante e temporalmente scadenzati.
Peraltro, il sistema di regolazione del comportamento degli attori istituzionali che utilizzano il Pnrr è in fase di affinamento e adattamento, come è ragionevole che sia visto che l’impianto dello stesso nacque in un momento di grande emergenza, prima di tutto sanitaria. A tal proposito, anche sulla scorta della coerenza con quanto stabilito dall’art. 22 del Regolamento (UE) 2021/241, al fine di garantire la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, è importante sottolineare che, a livello nazionale, il sistema di gestione e controllo delineato da ciascuna amministrazione centrale titolare di interventi per l’implementazione del Pnrr debba ispirarsi ai sistemi di gestione e controllo dei fondi strutturali e di investimento europei ed essere orientato alla prevenzione, individuazione e contrasto delle principali minacce alla tutela del Bilancio dell’Unione europea e alla sana e corretta gestione delle risorse finanziarie, con particolare riferimento a gravi irregolarità quali frodi, casi di corruzione e conflitti di interessi, nonché al rischio di doppio finanziamento.
L’intero sistema di verifica riveste, dunque, notevole importanza nell’architettura di questi programmi “performance based”.
L’analisi dell’esperienza sul campo consente, indubbiamente, di proporre valutazioni sullo stato dell’arte, nuove proposte su strumenti di management capaci di valorizzare progetti complessi come quelli che definiscono le infrastrutture tecniche del Pnrr. Dipiù, questo Special Focus può essere arena di proposizione di nuove chiavi interpretative in un momento storico di particolare criticità che richiede il contributo rigoroso e responsabile di studiosi ed esperti che intendono proporre innovazione fattiva.
L’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) è una sfida che coinvolge ambiti di presa delle decisioni dei policy maker, della macchina amministrativa e del management pubblico che si trova “esposto” oltremodo durante tutto il divenire delle decisioni ma anche nell’implementazione delle stesse e lo sarà alla fine del 2026 per quanto concerne una valutazione complessiva. Questo tratto caratteristico della durata dell’azione progettuale del Pnrr consente di esprimere ad intervalli regolari valutazioni dell’operato degli attori istituzionali coinvolti e offre un campo di analisi pressoché illimitato circa efficienza, efficacia ed economicità delle amministrazioni pubbliche per la realizzazione di investimenti tesi al rilancio dell’economia anche a livello internazionale, visto il complessivo numero di paesi coinvolti.
Il Pnrr è un’occasione straordinaria per gli studiosi, anzitutto, per dibattere sulla attuale coerenza dei modelli di governo delle istituzioni pubbliche – difatti la mission del Piano è stata spesso accostata a quella della ricostruzione del secondo dopoguerra in analogia con quanto fatto con il “piano Marshall” – perché il raggio d’azione che investe l’agire delle aziende pubbliche con il Pnrr va dalla determinazione fra processi di riforma trasversali, a quella di nuovi assetti istituzionali, alla configurazione di modelli organizzativi e gestionali, alla strutturazione di modelli per controlli, auditing e valutazione dell’operato dei singoli e delle aziende pubbliche coinvolte nell’attuazione del Pnrr.
Inoltre, la sovraesposizione, anche mediatica, che investe le decisioni sul Pnrr sta portando a sviluppare meccanismi di ingaggio dei portatori d’interesse che, strutturalmente, possono essere qualificati quali attori istituzionali ormai ineludibili nella presa delle decisioni nei modelli più avanzati di public governance, e assumono un peso sempre maggiore rispetto alla presa delle decisioni.
Le prime osservazioni dicono che l’attuazione del Pnrr sta evidenziando molteplici profili di criticità a causa della difficoltà a determinare, a livello delle singole amministrazioni pubbliche, a partire da quelle centrali, quello sforzo di “progettualità concreta” che richiederebbe un’azione di sblocco della macchina amministrativa, che rimane il motore non solo per l’attuazione ordinata e puntuale del Pnrr, ma anche per ridisegnare adeguatamente i rapporti tra potere, cittadini e sistema produttivo.
Il rischio che si paventa è l’inerzia amministrativa – approccio di tipo difensivo alla presa delle decisioni – che impedisce o rallenta notevolmente il cambiamento, invece auspicato e necessario con il Pnrr.
Infatti, nonostante lo sforzo condiviso da tutti i livelli di governo, manca la fluidità gestionale necessaria per rispettare la tempistica prevista mentre, al contrario, i profili di debolezza dovrebbero essere affrontati con urgenza per evitare un pericoloso rallentamento nell’azione di rilancio e innovazione intrapresa con il Pnrr.
Vi è, quindi, un aspetto di strutturale inerzia dell’agire della pubblica amministrazione (Pa), spesso mistificato definendo la Pa resiliente o attenta alle logiche di tipo “path dependence”, che si può osservare, dovuto anche all’aumento della conflittualità nella relazione politica – amministrazione.
L’intransigenza, l’esasperazione, delle posizioni che si determina comporta processi decisionali più lunghi, meno lineari e – spesso – in stallo con il risultato di indebolire il clima – nazionale ed europeo – di coesione che invece è la chiave di volta necessaria per l’attuazione del Pnrr.
Un progetto straordinario come il Pnrr richiede a tutte le forze politiche, economiche e sociali, un altrettanto straordinario sforzo di visione condivisa sui fondamentali ambiti di decisione.
La posta in gioco determinata dagli obiettivi del Pnrr richiede che i decisori politici, e le loro infrastrutture istituzionali di supporto alle decisioni (task force, commissioni, gruppi di lavoro, unità organizzative dedicate etc.), determinino meccanismi di programmazione e comunicazione delle decisioni lineari e coerenti alle decisioni stesse e – auspicabilmente – condivise con la più ampia parte di portatori d’interesse.
L’effetto annuncio, tipica specificità dell’agire delle istituzioni pubbliche utilizzata per acquisire consenso all’esterno, non può essere usato in modo spregiudicato.
Se acquisire consenso è condizione duratura della vita delle aziende, nelle istituzioni pubbliche l’effetto annuncio richiede la capacità di contemperare le esigenze dei portatori d’interesse diversi giungendo a politiche e azioni ritenute reciprocamente vantaggiose sia all’interno delle singole istituzioni che in riferimento all’ambiente esterno alle stesse.
Certamente la dinamica del consenso è influenzata dall’effetto annuncio poiché si generano attese in virtù di programmi, intenzioni, promesse nei confronti dei portatori d’interesse. Una spregiudicata utilizzazione dell’effetto annuncio rischia di favorire insoddisfazione in merito ai risultati, di creare contro-azioni o resistenze da chi si sente minacciato dalle decisioni preannunciate.
In definitiva, in un contesto che richiede rigorosi strumenti di programmazione e comunicazione, è necessario governare l’effetto annuncio come caratteristica strutturale della gestione pubblica.
Dopo la strutturazione e la definizione dell’impianto del Pnrr, come anche dibattuto nel numero precedente RIPM – editoriale e Special Focus dedicato – è auspicabile che si passi alla fase di consolidamento della macchina amministrativa.
Il consolidamento si può sviluppare determinando alcune traiettorie fondamentali.
In primo luogo, va definito un nuovo approccio nei processi di reclutamento, selezione e nello sviluppo del personale, basato – come anche previsto in Italia dalle recenti Linee di indirizzo del Dipartimento della funzione pubblica – sulla valorizzazione delle politiche del personale. Si tratta di coniugare le tradizionali competenze dei dipendenti pubblici con quelle oggi ineludibili legate ai processi di digitalizzazione, project e performance management, di controllo, reporting e auditing, di team working.
In secondo luogo, il personale – sia quello assunto per il Pnrr che quello già dedicato – dovrebbe essere motivato e supportato attraverso una continua tensione verso una cultura gestionale e organizzativa oltre a quella consolidata di natura giuscontabile.
La realizzazione degli obiettivi, da qui al 2026, del Pnrr richiede una solida capacità dell’amministrazione di farsi co-promotrice delle politiche pubbliche.
Un terzo elemento che richiede attenzione specifica per l’attuazione deriva dalla interpretazione del ruolo da parte delle amministrazioni centrali, in particolare la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Esse hanno, non va dimenticato, un ruolo fondamentale nella definizione e nel consolidamento della traiettoria da imprimere al Pnrr. È l’azione d’impulso continuo e di supporto specifico, oltre che di verifica dei risultati – in itinere – e degli impatti delle politiche pubbliche l’ambito di maggiore caratterizzazione dell’intervento del governo centrale che, peraltro, valorizza un uso dell’effetto annuncio quale reale specificità dell’azione duratura nel tempo della Pa.
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Il presente numero prosegue, approfondendo da una diversa angolatura, la riflessione già avviata attorno al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In particolare, valorizzando la variabile tempo, ossia l’anno di esperienza maturato sul campo. I contributi della sezione “Special Focus” esplorano così l’attuazione del Pnrr, concentrando l’attenzione sui sistemi di coordinamento, gestione, attuazione, monitoraggio e controllo.
In tale chiave prospettica, il primo contributo, dal titolo “La governance del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: questioni critiche e nuove prospettive”, assume a riferimento la governance come “angolo di osservazione privilegiato per indagare sul Pnrr come motore per l’innovazione in chiave manageriale per le istituzioni pubbliche”. Dopo aver analizzato aspetti strutturali e funzionali del Piano, ne esamina alcune questioni critiche, tra cui “le ricadute sulle dinamiche della forma di governo italiana”; riscontrando un rafforzamento dei poteri di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri a scapito della funzione di determinazione della politica generale del Governo da parte del Consiglio dei Ministri. Tale governance centralizzata si nota nell’articolo dovrebbe essere mitigata dal miglioramento della funzione di controllo e di valutazione ex ante ed ex post, nonché della programmazione legislativa, del Parlamento. Altrettanto interessante è l’analisi dell’“incidenza del Piano sul rapporto tra tecnica e politica”. Con riguardo sempre al processo decisionale del Piano, “contraddistinto da un impianto di tipo top-down in cui i soggetti titolari sono esclusivamente le amministrazioni ministeriali”, il contributo indaga l’impatto sulla forma dello Stato, in particolare sul rapporto tra Stato e Regioni; evidenziando che è necessario, nel perseguimento della finalità di ridurre gli squilibri territoriali, “un approccio cooperativo per favorire la partecipazione delle autonomie regionali e locali all’attuazione del Piano” stesso. Ai fini dell’efficace realizzazione degli interventi previsti nel Piano, “accanto alla definizione di un adeguato sistema di governance”, la trattazione richiama l’importanza del miglioramento della qualità dell’azione amministrativa”. Inoltre, l’Autore (Giachetti Fantini) individua nella digitalizzazione e nell’interoperabilità dei processi e dei servizi uno “strumento fondamentale per il raggiungimento” dell’obiettivo del Pnrr di aumentare “l’efficienza della pubblica amministrazione e della sua capacità di decidere”, sottolineando la rilevanza della “creazione delle basi dati di interesse nazionale”.
Anche il secondo articolo dello Special Focus, dal titolo “Il Pnrr propulsore della innovazione manageriale della pubblica amministrazione”, restituisce un quadro d’insieme unitamente ad uno stato dell’arte e alle tecniche di rendicontazione, gestione e monitoraggio del Piano italiano. In particolare, si focalizza, secondo un approccio multidisciplinare (“in special modo giuridico ed economico-aziendalistico”), su come esso sia in “grado di impattare positivamente sui processi, sulla innovazione manageriale ed in ultima analisi sui risultati ottenuti dalla Pa”. Approfondisce i quattro pilastri (accesso, competenze, buona amministrazione e digitalizzazione) lungo cui si è impostata la riforma della Pa. Analizza le “principali tecniche manageriali – riferendosi al total quality management, alle tecniche di project management, alla gestione per obiettivi ed al controllo di gestione – tutte mutuate dalle esperienze delle aziende private, che hanno il precipuo intento di meglio organizzare e dirigere l’azione amministrativa della Pa”. L’Autore (Galasso) conclude affermando che “la sfida della managerializzazione della Pa non può essere ridotta soltanto alla mera introduzione di nuove tecniche di gestione o ad una mirata ed oculata gestione dei fondi derivanti dal Pnrr, ma va invece interpretata come tentativo finalizzato a cambiare la cultura organizzativa degli enti pubblici”. In proposito, identifica “alcune direzioni di cambiamento” in merito a “valori, attenzioni e sensibilità che dovrebbero permeare” la Pa: “cultura della misurazione della gestione”; “cultura degli obiettivi e dei risultati”; “cultura del confronto”; “cultura della motivazione”; “cultura del servizio”. Rispetto a queste “culture da promuovere” ribadisce il ruolo di veicolo dei sistemi di management, “se opportunamente disegnati e impiegati”. E, proseguendo il parallelo con l’esperienza aziendale, segnatamente richiamando la teoria organizzativa, aggiunge che “un’organizzazione senza dedizione (delle persone) è come una persona senz’anima: opera, ma non ha forza vitale”. Tale forza “insieme alle tecnologie digitali e alla governance condivisa” sono, dal punto di vista dell’Autore, “il volano della trasformazione in senso manageriale della pubblica amministrazione”.
Raccogliendo la sfida della Call for papers Special Focus il terzo articolo, “La ricerca di sinergie tra fondi strutturali e piani di ripresa e resilienza. Un’analisi comparata tra Italia e Spagna”, esplora le misure adottate nei piani di ripresa e resilienza di due Stati membri, Italia e Spagna. Prima di questa attività di comparazione – il cui potenziale è “assicurato dalle peculiarità socio-economiche che i due paesi condividono” – l’elaborato fornisce un quadro teorico ed operativo della “sfida” della massimizzazione delle sinergie tra strumenti europei per “analizzare le possibili modalità di coordinamento in grado di promuovere un’interazione efficace tra le risorse della politica di coesione, nello specifico i fondi strutturali, e i fondi del Dispositivo per la Ripresa e Resilienza”, di cui peraltro ne inquadra le rispettive caratteristiche in termini di differenze e analogie. Del resto, tale complementarità e sinergia – analizzata rispetto ai due casi studio – è uno degli elementi che gli Stati membri “hanno dovuto obbligatoriamente inserire all’interno dei rispettivi recovery plan, rappresentando conseguentemente oggetto della valutazione della Commissione europea e del parere di altre istituzioni europee”. In proposito, dall’analisi dei due piani nazionali di ripresa e resilienza emerge che “né Italia né Spagna abbiano deciso di approfondire estensivamente il tema del coordinamento direttamente all’interno del proprio piano”. Secondo l’Autore (D’Onofrio), la “massimizzazione delle sinergie tra l’impiego dei fondi strutturali e la spesa delle risorse dei rispettivi piani è una sfida alla quale Italia e Spagna – che rappresentano rispettivamente il primo e il secondo Stato membro per fondi assegnati dal Dispositivo per la Ripresa e Resilienza – dovranno rispondere prontamente, recuperando eventuali deficit nella pianificazione delle misure di coordinamento nel corso della fase esecutiva. In tal senso – secondo l’Autore – sarà la “condivisione delle best practices implementate dai vari paesi europei a rappresentare un fattore cruciale per raggiungere l’efficace integrazione tra i due strumenti”.
Nella sezione dialoghi della Rivista, il saggio “L’innovazione culturale delle pubbliche amministrazioni” pone al centro del proprio approccio “l’assunto secondo cui le organizzazioni, anche quelle pubbliche, sono sistemi sociali che sviluppano nel tempo una propria cultura”. Dunque, le amministrazioni pubbliche, al pari delle imprese, “dovrebbero guardare all’innovazione tenendo conto delle condizioni culturali che influenzano l’azione organizzativa”. Condizioni che sono il risultato delle interazioni sociali che si sviluppano entro ciascuna organizzazione. L’Autore (Bolognini) argomenta che in questo percorso “il manager pubblico non può agire da solo ma necessità di un solido sostegno da parte dei centri di formazione e di ricerca come la Scuola Nazionale dell’Amministrazione e le scuole a livello regionale, oltre che delle Università, in modo da favorire sia il diffondersi di competenze coerenti con gli sviluppi del pensiero organizzativo contemporaneo, sia la raccolta di dati e di informazioni derivanti da studi e ricerche connesse alla realizzazione di progetti di innovazione organizzativa”. Conclude sostenendo – in adesione ad un filone di ricerca (dello studio della cultura organizzativa) quantitativo – che la raccolta e l’elaborazione di dati, come quelli contenuti nell’articolo, può essere una “base per approfondire la conoscenza degli strumenti per implementare strategie di innovazione”.
Sempre nella medesima sezione, l’articolo “Un esempio di governance condivisa: il Sistema Informativo Sanitario” si propone di dimostrare la centralità strategica, in ambito pubblico, della fase di progettazione e realizzazione di un progetto informatico e/o di una banca dati. In particolare, secondo l’Autore (Beato), “per governare processi digitali del mondo pubblico le tecnicalità specifiche non bastano, ma è necessario un attento riferimento ai contesti istituzionali e di governo delle amministrazioni pubbliche destinate a gestire tali processi”. Pertanto, una buona impostazione e realizzazione diventa decisiva lì dove siano coinvolti più soggetti istituzionali, quali lo Stato, le Regioni e gli Enti locali”. In tale ottica, analizza, anche ricostruendone la storia, il caso del Nuovo Sistema Informativo Sanitario, realizzato a supporto dei molteplici e complessi aspetti del nostro Ssn. Lo studio estrae in margine alcune buone regole di governance, da applicare a tutti i progetti informatici condivisi fra istituzioni diverse della Repubblica.
Nella sezione Close up della Rivista, il contributo “I social bond europei dello strumento ‘Sure’ per la tutela di lavoro e reddito: un’esperienza di successo quale risposta coordinata e compatta alla crisi pandemica”, prende in considerazione una delle risposte alla crisi pandemica messe in campo dall’Unione europea. Dopo averne analizzato obiettivi, modalità di funzionamento e (parziali) evidenze sulla capacità di assorbimento e utilizzo effettivo delle risorse da parte dei paesi beneficiari, l’Autore (Di Domenico) mette in luce la particolare efficacia e la portata innovativa di questo strumento finanziario (di natura temporanea, che si basa su un sistema di garanzie volontarie; si caratterizza per assenza di condizionalità), che può rappresentare “un precedente importante con ulteriori ricadute positive, incluso l’aspetto di self-confidence degli Stati membri nell’assumere prestiti e spese superiori a quanto avrebbero fatto in assenza dello strumento”. In altri termini, l’esperienza di successo di Sure in termini di risposta alla crisi pandemica, che troverà conferma nel quadro complessivo (previsto per marzo 2023) sull’utilizzo dello strumento, può “rappresentare un benchmark cui tendere nel caso di shock esogeni che richiedano un approccio coordinato e compatto, di natura solidaristica ma con reciproci benefici e non trascurabili esternalità ed effetti di spillover a livello di Unione europea complessivamente considerata e di sistemi-paese”.
Nel loro complesso, i contributi di questo volume, con differenti punti di vista e un’ampia gamma di approfondimenti che fondono approcci teorici e di tipo tecnico- specialistico, rinnovano l’attitudine all’ascolto (con cui si coniuga la visione), e l’“ambizione mobilitante”, di RIPM, nel loro misurarsi con la concretezza della realtà, riconoscendo la complessità dell’azione delle istituzioni pubbliche e proponendo innovazione fattiva.